lunedì 23 aprile 2012

Io e Mrs Pennington, Alberto Zella

Siamo a Londra. Davide Rossero si è trasferito di recente nella capitale inglese, in apparenza per ragioni di lavoro: il suo è un tentativo di lasciarsi alle spalle un’ombra che pare seguire ogni suo passo, arrivando a popolare persino i suoi incubi. Al suo arrivo, in prossimità della Royal Albert Hall, Davide si imbatte in un’anziana signora, Mrs. Agatha Pennington, donna d’altri tempi affabile e ospitale. La signora, dopo poche battute, offre al ragazzo ospitalità in South Kensington: lei vive in solitudine in una casa troppo grande e sta cercando un coinquilino al quale fittare il piano superiore dell’abitazione.
Comincia così un viaggio a metà fra realtà e sogno (una visione onirica del romanzo, quella di Alberto Zella) che ci porterà a seguire le vicissitudini del giovane David (ribattezzato così da Mrs. Pennington) e della vispa signora che scopriremo essere dotata di poteri non del tutto comuni, ma assolutamente benigni. Quella di Davide è in realtà una fase di transizione che lo condurrà alle soglie di una nuova consapevolezza; un ritorno al passato, in parte un superamento di antichi traumi.
Due gli incontri determinanti, archetipici: quello con Mrs. Pennington da un lato, che accompagnerà il giovane Davide nel difficile percorso, e quello con il misterioso Mr. Nazir Khan dall’altro, nemesi del giovane e al contempo antitesi dell’anziana e benevola signora, trasfigurazione (o incarnazione) del male e rappresentazione demoniaca.
Come detto, il romanzo di Alberto Zella si pone sulla linea di confine, lambisce il metafisico per ripiombare caparbiamente nella concretezza: e in questo la scelta di far ruotare la parte centrale della finzione romanzesca attorno a un luogo-simbolo qual è il palcoscenico di una rappresentazione teatrale “d’avanguardia” sublima le peculiarità della trama e della scrittura.
Il cielo divenne nero e poi rosso come il fuoco. La tremenda battaglia tra angeli leali e angeli ribelli era terminata, ma la voragine era aperta. Mi chiedevo perché creature perfette si ribellassero. Nemmeno i cieli erano immuni dal dolore e dall’infelicità? Scivolavo nella voragine che si restringeva; le sue pareti mi soffocavano, ma non rallentavano la mia caduta. Un fango melmoso e fetido mi aveva coperto dalla testa ai piedi. Precipitavo verso un fondo lontano e invisibile, attraversando tutti gli orrori dell’umanità. Vidi Caino uccidere Abele; volevo fermarlo ma ero impotente. Vidi la guerra, la fame e le malattie. Udii il pianto degli orfani e il lamento delle vedove, le urla dei torturati. Il loro dolore era il mio, ma non potevo alleviarlo.
A proposito della scrittura di quest’autore esordiente: il suo è uno stile raffinato, piano, al tempo stesso ricco di riferimenti ai classici e in un certo qual modo impreziosito da barocchismi (che solitamente, e non è questo il caso, non hanno alcuna funzione positiva nella stesura di un’opera contemporanea, se non quella d’appesantire lettura e comprensione).
Sin dalle prime pagine sono stato colpito dalla proprietà di linguaggio e dall’abilità di Alberto Zella nel gestire le fila di un’opera di certo non semplice. Zella si nutre di classici (principalmente anglosassoni) e la sua scrittura non può che risultarne impregnata: i ritmi sono lenti, a tratti, ma mai soporiferi, il risultato complessivo è piacevole oltre ogni aspettativa.
Ed è a questo proposito che mi chiedo: come può una nuova voce italiana con tutta evidenza degna delle attenzioni di editori (il suo non me ne voglia) ben più blasonati lavorare ancora sotto silenzio, dietro le quinte? Sì, perché questo romanzo, con un adeguato lavoro di editing, sarebbe non solo maggiormente riuscito, ma meritevole di ben altre fortune.

Roberto Giungato

http://www.libriconsigliati.it/io-e-mrs-pennington-alberto-zella/